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Sanità & misfatti: i responsabili dell’odissea dei tamponi

Era prevedibile che il macchinario che processa i tamponi di quasi tutta la provincia di Cosenza andasse in tilt, provocando il rallentamento dell’attività di tracciamento dei contagi che i servizi di Igiene e Salute pubblica dell’Asp di Cosenza, a mani nude, stanno portando avanti. Le macchine posso rompersi, è grave se succede spesso, ma non è questo il caso. Invece ci troviamo di fronte all’inadeguatezza strutturale del laboratorio che non è programmato per tutta questa mole di lavoro. Il collo di bottiglia si riflette sui ricoveri ordinari dell’ospedale, dove non è possibile monitorare con celerità gli accessi al Pronto Soccorso e ai reparti. Quello che sta succedendo nella sanità calabrese è il risultato dell’approssimazione con cui vengono gestite le aziende sanitarie e ospedaliere calabresi. Spesso commissari privi di adeguate esperienze manageriali sul campo e senza una profonda conoscenza dello stato dell’arte. Professionisti, si fa per dire, nominati dal Governo Conte 1, in ragione di un Decreto Calabria (ancora più stringente nella versione 2020) che ha espropriato (forse giustamente) la Regione di ogni decisione e responsabilità. La programmazione sanitaria calabrese non può essere affidata a personalità prive di esperienze significative nel settore, a cattedratici o vertici militari che mai si sono misurati con le gestione di organizzazioni complesse sanitarie. La competenza, in questo campo, deve essere un pre-requisito, insieme all’onestà e alla trasparenza. 

In questo primo articolo provo a ricostruire ciò che dalla primavera scorsa andava fatto e non è stato fatto.

Gli strumenti per combattere il virus, ci hanno detto gli esperti, sono tracciamento e rete assistenziale per limitare gli accessi impropri negli ospedali. Invece, soprattutto i media, si sono concentrati (e continuano a farlo) solo sui posti letto delle terapie intensiva che, come vedremo, in Calabria, per fortuna, sono utilizzati in una percentuale bassissima rispetto alle loro capacità.

La seconda ondata era prevista già ad aprile e il potenziamento dei laboratori di virologia e microbiologia pubblici presenti in Calabria sarebbero dovuti diventare uno degli strumenti da mettere in campo per tracciare i contagiati e attivare le quarantene.

Con il Dca 64 del 2016 a firma Scura/Urbani, la rete dei laboratori pubblici ha subìto un ridimensionamento, le sezioni di Virologia e Microbiologia sono stati previsti solo negli ospedali Hub, quindi Annunziata di Cosenza; Pugliese di Catanzaro e Gom di Reggio, e al Policlinico Universitario. Mentre è stata disposta la chiusura del laboratorio dell’ospedale di Lamezia Terme, dove era presente anche uno storico reparto di Malattie Infettive.

La scorsa primavera, in piena emergenza Covid, con picchi di 1200 casi attivi, ci risulta che la responsabile del laboratorio di analisi dell’Annunziata richiese al management aziendale (al commissario Giuseppina Panizzoli e al direttore sanitario Cinzia Bettelini) il potenziamento delle attrezzature, con la proposta di acquisto di una nuova linea di macchinari (costo di qualche centinaio di migliaia di euro) che avrebbe consentito di processare tra 2000 e 3000 tamponi al giorno. La risposta delle due manager? Spesa inutile, non ci sono soldi. Forse non erano al corrente che il Governo aveva stanziato decine di milioni di euro per implementare la rete di contrasto alla diffusione della pandemia. Rete che in questi giorni è entrata in crisi. Presi dal panico, la Bettelini ha disposto il potenziamento del laboratorio dell’ospedale di Rossano, mentre a metà ottobre a Catanzaro si prende in considerazione il supporto dei laboratori privati accreditati. Dal Dipartimento Salute parte un questionario finalizzato e censire ed acquisire informazioni. Dal report emerge che una dozzina di strutture erano pronte a supporto dei laboratori pubblici. Ultimato l’iter a fine ottobre, la pratica è stata messa in un cassetto in attesa che il Commissario ad acta per il Piano di Rientro si determinasse, mentre alcuni dirigenti delle Asp hanno disposto di inviare i tamponi fuori dalla Calabria per essere processati. Questa vicenda non è l’unica che certifica la scarsa capacità organizzativa del management sanitario scelto dal governo nazionale.

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